E' nuovamente funzionante il link della SEIeditrice, da cui è possibile scaricare le schede di simulazione della prova, che utilizzeremo il 24 aprile, correggendole.
Per quella data, sugli argomenti del ripasso svolgi sul libro di grammatica gli esercizi a pag. 335 n° 1 - 2 - e a pag. 333 il n° 1. Vedi da solo/a sul testo a pag. 336 la classificazione delle frasi principali e svolgi l'esercizio "verifica se hai capito" a pag. 337 poi n° 1 e 2
Per lunedi' 29 aprile il lavoro di PS prevedera' la lettura di una parte considerevole del romanzo, sul quale ti assegnero' una comprensione scritta a breve .... intanto riassumi in un breve testo scritto gli eventi principali a cui si fa riferimento nel cap. XVIII e XIX
LA
“ QUESTIONE DELLA LINGUA” nei Promessi Sposi
La lingua
letteraria dell’epoca manzoniana era in qualche modo derivata dal modello
del volgare fiorentino utilizzato nella Firenze del Trecento da Dante, Petrarca
e Boccaccio.
Se nei secoli del medioevo questo
linguaggio si era rivelato uno strumento elegante e ricco di espressivita’,
nell’Ottocento era divenuto ormai una lingua vecchia di cinquecento anni,
aulica, compresa solo da una piccola elite di lettori estremamente colti,
lingua che anche i letterati dovevano studiare come fosse una lingua straniera,
inefficace ad esprimere il pensiero e la realta’ vissuta dalle persone di quel
tempo.
Manzoni stesso, educato in ottimi
collegi e cresciuto tra la Lombardia e la Francia, comunicava anche per
iscritto o attraverso la lingua francese o il dialetto meneghino.
Inoltre per quanto riguarda la lingua parlata la penisola italiana non
disponeva di una lingua “nazionale”, ma di molteplici “dialetti”, parlati nelle
diverse regioni.
Manzoni era dunque uno scrittore che
avvertiva con disagio l’anomalia della
situazione italiana: mentre i Francesi per scrivere usavano la stessa lingua
con cui parlavano, gli “italiani” che proveniavano da diverse regioni dovevano
utilizzare il vocabolario della Crusca per intendersi tra loro.
Ricordiamo che il periodo storico in cui
Manzoni vive è quello del Risorgimento, durante il quale si forma lo stato
unitario d’Italia, progetto politico condiviso anche dal nostro scrittore.
Quindi egli aveva un duplice progetto: superare il distacco tra lingua scritta
e parlata e trovare una lingua comunitaria, popolare e nazionale, da utilizzare
in scritti rivolti ad un pubblico piu’ ampio.
In una lettera all’amico Claude Fauriel
Manzoni scriveva sulla questione della lingua : “ Per nostra sventura lo stato dell’Italia divisa in frammenti, la
pigrizia e l’ignoranza quasi generale hanno posto tanta distanza tra la lingua
parlata e la scritta, che questa puo’ dirsi quasi lingua morta.Percuio’ gli
scrittori (….) non possono produrre l’effetto che si propongono, cioe’ erudire
la moltitudine e di rendere le cose un po’ piu’ come dovrebbero essere”.
Vi faccio notare che per Manzoni cresciuto sotto lo stimolo delle idee
illuministe, l’Arte non deve solo essere bella, ma avere anche una efficacia
morale e sociale.
Fin dai primi decenni dell’Ottocento
dunque Manzoni progetto’ di raccontare una vicenda in cui fossero protagonisti
non solo “principi e potentati” ma anche “genti meccaniche e di picciol affare”
e che potesse essere agevolmente compresa da un larghissimo pubblico di
lettori. Da quel momento il problema della lingua divenne centrale nella
stesura del romanzo e Manzoni fu sempe consapevole dell’estrema difficolta’
dell’impresa.
A partire da queste considerazioni
possiamo comprendere come la stesura dei Promessi Sposi si sia caratterizzata
anche come una operazione di sperimentazione
linguistica importante per la storia della nostra lingua: potremmo
chiamarla una lunga marcia verso il toscano.
Le fasi di questo processo linguistico
si possono circoscrivere a tre momenti:
1° stesura del “Fermo e Lucia” (1821
-23) : la lingua utilizzata in questa edizione venne condannata impietosamente
dallo stesso Manzoni che la defini’ “un
composto indigesto di frasi un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’ francesi e
un po’ anche latine…”
Fallito il tentaivo di creare dal nulla
una lingua artificiale, Manzoni si dedico’ ad un vero e proprio rifacimento del
primo romanzo.
2°
l’edizione del 1827 – chiamata dai critici la “ventisettana” - linguisticamente ha la caratteristica di
sostituire molti vocaboli con quelli della lingua toscana, attraverso la
consultazione di vocabolari: quello toscano-milanese del Cherubini, i sei
volumi del vocabolario della Crusca e
attraverso la lettura di autori classici in toscano, come novellieri, cronisti,
comici.
Servirsi di libri e vocabolari era
tuttavia una operazione che presentava dei forti limiti per chi, come Manzoni
aveva intenzione di avvicinare la lingua scritta con quella parlata, rendendola
piu’ accessibile ad un pubblico piu’ vasto.
Cosi’ dall’agosto del 1827 Manzoni
soggiorno’ per alcuni mesi in Toscana, per conoscere ed apprendere una lingua
toscana d’uso piu’ quotidiano, una lingua parlata da persone toscane di medio
livello culturale e sociale. Questo soggiorno verra’ chiamato da Manzoni “la
risciacquatura dei panni in Arno”
3° l’edizione del 1840, pubblicata in 108 dispense. La struttura del
nuovo romanzo non presenta forti cambiamenti rispetto a quella del 1827: uguali
rimangono il titolo, i nomi dei personaggi, il numero e il contenuto dei 38
capitoli. La famosa “risciacquatura” consistette in un adeguamento della lingua
del romanzo all’uso del parlato medio toscano.
Questo significa che attraverso la
permanenza a Firenze e una continua interlocuzione con toscani e toscane ( “si dice ancora questo o come si dice ora ? e
come si direbbe quest’altro che noi esprimiamo cosi’ nel nostro dialetto?” )
Manzoni pote’ sostituire molti vocaboli di derivazione troppo dialettale e vocaboli
troppo arcaici e letterari – che non avevano altra esistenza fuorche’ nei libri
– con termini appartenenti alla lingua
parlata.
In questo modo Manzoni, gia’ negli anni
40’ propose agli abitanti della penisola il suo modello di lingua nazionale: il
fiorentino moderno.
Il suo lavoro rimane una pietra miliare
nella storia della nostra lingua, raggiungendo lo scopo di avvicinare lo scritto al parlato.
La proposta di eleggere il fiorentino a
lingua nazionale comune risulto’ invece astratta: l’unificazione di una lingua
non puo’ avvenire attraverso l’imposizione di un modello, ma attraverso un
processo di comunicazione tra le diverse regioni e gli strati sociali, che in
Italia venne reso possibile solo a partire dall’unificazione politica.
Linguisticamente i PS si rivelano
un’opera con una prosa molto realistica e viva, in cui frequente è il ricorso
al discorso diretto. Spesso vi compaiono vocaboli ritenuti impoetici ( CASALE,
COCUZZOLO, GIOGAIA,CIOTOLONI) che la tradizione letteraria precedente non
utilizzava.
Nelle edizioni precedenti inoltre tutti
i personaggi umili avevano una parlata fortemente caratterizzata in senso
dialettale, mentre nell’edizione del 1840 c’è omologazione linguistica. Se il
linguaggio di ciascun personaggio si differenzia è perche’ marca la sua
psicologia: il linguaggio è arrogante in Don Rodrigo, ambiguo in Don Abbondio,
irruento in Renzo, moderato in Lucia.